Il post che avevo preventivato una settimana fa s'è andato a far benedire, non ho più l'ispirazione mannaggia a me
Però stamattina m'è successa una cosa buffissima.
Ero dal cartolaio a fare una scorta provvidenziale di buste con finestra, bloc notes, correttore a nastro (ché l'ultimo ordine dal grossista è straordinariamente finito con tre mesi d'anticipo, chiaro sintomo della mia cancelleriofagia acuta)
Fatto sta che mentre la vecchina cercava la penna Replay per il nipote che vuole cancellare le note dal quaderno, eccola lì. L'oggetto del desiderio, appagato, per 7 lunghissimi anni.
La SMEMO. Quella 16 mesi, versione piccinachepiùpiccinanonsipuò (addirittura più piccola di quanto la ricordassi, ipotesi confermata dal cartolaio: l'hanno rimpicciolita ancora). E sotto, impilate elegantemente, le 16 mesi grandi, formato ciscrivodituttoedipiù.
MITICA agenda, ma agenda è un termine riduttivo: lì avevo la mia vita, per intero, nessuna censura, nessun filtro, così semplicemente io e lei, e una barriera fisica e psicologica rispetto agli ospiti indesiderati. Fisica: sì, l'avevo chiusa con catenaccio e lucchetto per portarla a scuola per timore che qualcuno sbirciasse. E solo agli amici fidati la prestavo, non solo una mezzora durante le interrogazioni, ma anche per dei weekend interi, o addirittura prima che iniziasse la scuola (sì, perchè la compravo appena usciva) la facevo girare tra i miei amici di vacanze, amorazzi compresi. E riprendendola tra le mani, che emozione spulciare pagina per pagina, leggere le dediche, i disegni, gli auguri sui giorni dei compleanni importanti. Sì, chè fungeva da collante sociale. In classe chi non aveva la smemo con le dediche e le firme di almeno "quelli che contano" - n.d.N.: il 50% di questi era di quinto, ovviamente - era un perdente, uno sfigato, un'"ameba" come usavamo dire.
E poi nelle domeniche le foto dei cantanti, degli attori, degli amici, le canzoni, i ritagli di giornale...c'era davvero di tutto, perfino fiori secchi e ombretti sbriciolati: era il surrogato della mia camera, che volevo mi rispecchiasse e che invece un'ostinata e - ora lo capisco - sensata mamma mi costringeva a tenere in maniera sufficientemente presentabile. Era il mio caos, le mie insicurezze, le mie passioni.
Un amore iniziato in prima liceo, un liceo dove non conoscevo anima viva ma in cui sfidavo me stessa, timida impacciata e già fuori di testa. Mi ha accompagnato crescendo, tanto che me la sono portata fino al terzo anno di università, piena zeppa di fogli volanti con appunti, date di appelli, numeri di prof, nomi e codici dei libri delle biblioteche, flyer dei locali.
Ed ora? Ora muoio di invidia e malinconia, vorrei tornare al liceo e comperarla di nuovo, toccarla ancora vergine e poi iniziare ad imbrattarla con la mia brutta scrittura maschile, addobbarla ed acconciarla ancora per altri 9 mesi di avventura.
Beata adolescenza.